John Donne, i poeti dei fiori

John Donne, Un fiore
Ben poco ti preoccupi, povero fiore,
che ho osservato per sei o sette giorni,
e ho visto la tua nascita, e quanto ogni ora donava
al tuo sviluppo, perché tu arrivassi fino a questa altezza,
e ora che trionfi e ridi su questo ramo,
ben poco ti preoccupi che fra breve gelerà, e che domani
ti troverò caduto, o non ti troverò per nulla.
Ben poco ti preoccupi, povero cuore,
che ancora fatichi per crearti un nido,
e speri, volando, di conquistarti qui il luogo
su un albero vietato o che a te si nega,
e speri di piegare la sua durezza con un lungo assedio:
ben poco ti preoccupi,
che domani mattina, prima che il sole si desti,
dovrai metterti in viaggio con questo sole e con me.
Ma tu, che ami essere sottile nel tormento, dirai:
ahimè, se tu devi partire a me che importa?
Qui son le mie mansioni, qui voglio restare;
tu vai da amici di cui l’affetto e i mezzi altro piacere aggiungono
agli occhi tuoi, agli orecchi, alla lingua, a ogni parte di te.
Se quindi parte il tuo corpo, che bisogno hai di un cuore?
Bene, allora rimani: ma sappi,
quando sarai rimasto, e fatto del tuo meglio:
che un cuore nudo e pesante che non fa mostra di sè,
per una donna è solo una specie di spettro;
come potrà conoscere il mio cuore;
o non avendo un cuore riconoscerne in te uno?
La consuetudine le può insegnare a conoscere altre parti,
ma, parola mia, non a conoscere un cuore.
Vienimi incontro a Londra, allora,
fra venti giorni, e mi potrai vedere
più fresco e più grasso, per la compagnia degli uomini,
che se fossi rimasto insieme a te e a lei.
Per amore di Dio, segui il mio esempio se puoi:
laggiù ti vorrei dare a un altro amico,
che sarà felice di avere sia il mio corpo che la mia anima.