Floriterapia
Criteri della Ricerca dei 38 Fiori di Bach
La ricerca dei fiori di Bach
La floriterapia di bach: la ricerca dei fiori. Il maestro iniziò a cercare rimedi vegetali già nei parchi di Londra, portando nel suo studio le piantine raccolte per estrarne le tinture madri e dinamizzarle secondo il metodo omeopatico, senza ottenere però risultati soddisfacenti.
Floriterapia – Il viaggio nel Galles e i primi tre fiori
Bach cercava solo sette rimedi per sostituire i nosodi intestinali. Si orientò poi definitivamente verso la floriterapia quando nel 1929 compì un viaggio nel Galles, dove trovò i suoi primi tre fiori, Mimulus, il mimolo giallo, il coraggio; Impatiens, la balsamina, la pazienza e Clematis, la clematide vitalba, la coscienza.
Era deciso ora a trovare rimedi vegetali possibilmente poco elaborati dall’uomo, che fossero in grado di trasmettere a chi li assumeva la forza e l’armonia dell’energia vitale della natura ancora incontaminata. Scartò quindi le piante velenose perché troppo aggressive, quelle alimentari perché ormai troppo familiarizzate con l’uomo, e quindi lontane dalla loro forma primitiva e spontanea, e quelle inferiori, che non avevano ancora raggiunto l’inflorescenza, evolutivamente indietro rispetto all’umano. Scartò anche le radici secche e vecchie, poiché l’energia vitale ne stava scemando.
Floriterapia – Il viaggio nel Galles e i primi 7 fiori
Poi ci fu la grande decisione. Bach capì la grandezza della sua scoperta: la floriterapia. Vendette tutto quanto possedeva a Londra e si trasferì nel Galles, dove trovò i quattro fiori mancanti per raggiungere il numero sette che si era prefisso. Trovò Agrimony, l’agrimonia, la pace; Chicory, la cicoria, l’altruismo; Vervain, la verbena, l’entusiasmo; Cerato, la piombaggine, l’intuizione.
Secondo i suoi postulati di partenza per quella che pensava sarebbe stata la sua floriterapia, per cui esistevano sette principali attitudini caratteriali, la sua ricerca avrebbe dovuto fermarsi qui per procedere poi unicamente alla fase di sperimentazione. Bach si sentiva invece spinto a cercare altri fiori, l’intuizione gli diceva infatti che sette rimedi non sarebbero bastati per abbracciare la complessità dei disturbi che presentavano i suoi malati. Decise di portare i Fiori a dodici, un numero significativo nella nostra cultura.
Floriterapia – I 12 Guaritori
Pensando di ultimare la sua floriterapia, di raggiungere il numero di dodici, Bach trovò Centaury, la centaurea minore, la forza di volontà; Scleranthus, lo scleranto, la forza decisionale; Water Violet, la violetta d’acqua, la solidarietà; Gentian, la genzianella, la fede e Rock Rose, l’eliantemo, il coraggio eroico. In questo primo gruppo compaiono tutti fiori che rispondono ai requisiti richiesti: sono tutti fiori di piante che crescono spontanee, isolate o in cespugli. Unica eccezione è il fiore Cerato, originario del Tibet, che in Inghilterra viene coltivato nei giardini.
Bach provò di nuovo a dinamizzare le tinture madri ottenute da questi fiori e di nuovo non ne fu soddisfatto. La sua attenzione venne intanto attratta dalla rugiada che trovava sui petali dei fiori al mattino presto, e rifletté come questa, scaldandosi al sole, dovesse necessariamente assorbire l’energia del fiore stesso. L’intuizione lo soccorse di nuovo ed escogitò il metodo dell’estrazione per macerazione in pura acqua di fonte. A questo punto, soddisfatto dei risultati che riusciva a ottenere con i suoi rimedi, pubblicò “I Dodici Guaritori” e “Guarisci Te Stesso”.
Floriterapia – I 7 Aiuti
Ma anche somministrando questi dodici rimedi, Bach si rese conto di non raggiungere e risolvere quei vizi di personalità già troppo radicati e troppo profondi presentati spesso dai pazienti. Pensò allora che ci volesse qualcosa di più forte, e che dovesse cercarlo tra piante non più isolate, ma talmente energiche da riuscire a dominare interi paesaggi.
Trovò così Gorse, il ginestrone, la speranza e Heather, l’erica, l’empatia, che rispondevano a questi requisiti; ma poi, a un certo punto, non si attenne più ai presupposti teorizzati e trovò Oak, la quercia, la perseveranza, e Rock Water, la capacità d’adattamento, semplice acqua di una fonte che sgorgava nei suoi boschi. Questi due rimedi hanno caratteristiche diverse dai precedenti. Oak è un albero, il primo della floriterapia di Bach, e Rock Water addirittura non è un fiore ma pura acqua di fonte. Bach chiamò queste essenze “I Quattro Aiuti”, poi li portò a sette con Wild Oat, il forasacco ramoso, la risolutezza; Olive, l’olivo, la forza vitale e Vine, la vite, l’autorità.
Mentre nel primo gruppo di fiori Bach era riuscito ad attenersi ai propri postulati, vediamo come nel secondo l’intuizione lo abbia guidato già molto più liberamente: qui sono infatti presenti i fiori non solo della quercia e dell’olivo, che sono alberi, e quelli della vite, e di nuovo dell’olivo, che sono di normale impiego alimentare, ma anche il rimedio Rock Water, che abbiamo visto non è un fiore e nemmeno una pianta. Nella scelta del rimedio Rock Water è possibile rintracciare anche il pensiero della scuola omeopatica che era alle spalle di Bach, dove tutto può essere dinamizzato e diventare rimedio, mentre sia la quercia che l’olivo e la vite hanno un significato sacro nella cultura occidentale. Nel cercare i “Sette Aiuti” Bach voleva dalle piante soprattutto la loro forza. Non è quindi un caso che la sua attenzione sia stata attirata da Oak, la quercia sacra dei druidi, simbolo del Dio Thor.
Bach si trasferisce a Satwell
É a questo punto che Bach dovette rendersi conto che l’opera a cui si era accinto era ben più vasta e di ben altro respiro di quella da lui stesso immaginata all’inizio, quando voleva individuare solo le sette piante corrispondenti ai gruppi caratteriali espressi dai suoi nosodi intestinali. La sua ricerca ebbe infatti una svolta, egli ritirò dal commercio quanto già pubblicato e si trasferì a Satwell, nella valle del Tamigi, dove si mise a coltivare le piante individuate. Probabilmente fu qui che mise a punto il Rescue Remedy.
Floriterapia – Gli alberi e il “coronamento” dell’opera
Nella nuova dimora Bach trovò immediatamente Cherry Plum, il mirabolano (che aggiunse al Rescue Remedy), la pace interiore. La sua sensibilità era ormai talmente acuta che riusciva a percepire “i pensieri” degli alberi. E dietro Cherry Plum ecco venire uno dietro l’altro tutto il gruppo: Elm, l’olmo, il senso di responsabilità; Pine, il pino silvestre, il perdono; Larch, il larice, la fiducia in se stessi; Willow, il salice giallo, l’accettazione del destino; Aspen, il pioppo, la sensibilità cosciente; Hornbeam, il carpino, il dinamismo; Sweet Chestnut, il castagno, il sollievo interiore; Beech, il faggio, la tolleranza; Crab Apple, il melo selvatico, la purezza e l’ordine; Walnut, il noce, la capacità di rinascita interiore; Chestnut Bud, la gemma dell’ippocastano, la capacità di apprendere; White Chestnut, l’ippocastano, la serenità mentale e Red Chestnut, l’ippocastano rosso, la salvaguardia della personalità. Con White Chestnut Bach utilizzò il metodo della bollitura.
Aggiunge poi ancora un piccolo gruppo di cinque fiori, comprendente Holly, l’agrifoglio, l’amore; Honeysuckle, il caprifoglio, la libertà dal passato; Wild Rose, la rosa selvatica, la gioia di vivere; Star of Bethlehem, il latte di gallina, il conforto e Mustard, la senape selvatica, la luce interiore.
La floriterapia di Edward Bach giunge alla sua conclusione con Mustard
Con Mustard, il fiore della luce interiore, si conclude la sua lunga ricerca per mettere a punto la sua floriterapia. E questi ultimi fiori, forse più di tutti gli altri, ci mostrano quanto la sua stessa coscienza si fosse anch’essa ampliata. Questi fiori esprimono infatti le qualità stesse della coscienza nel suo pieno autocompimento: amore, libertà, gioia, scioglimento, luce.